di Emmanuel Anati (maggio 2004)
Il contesto | Il periodo proto-camuno | Il Neolitico | I primi Indoeuropei | L'età del Bronzo e del Ferro | Conclusioni
Il contesto
Uno dei massimi patrimoni archeologici della Lombardia è costituito dall’immenso emporio di arte rupestre preistorica la cui principale concentrazione si trova in Valcamonica, il primo sito italiano ad essere inserito nella lista del patrimonio mondiale dall’UNESCO. Altre importanti concentrazioni si trovano in Valtellina e nell’area comasca. Località minori di arte rupestre sono sparse lungo il settore lombardo delle Alpi. Tale patrimonio, oltre ad essere una risorsa fondamentale per l’istruzione e la cultura, costituisce uno dei massimi archivi esistenti su 10.000 anni di storia in Europa e danno alla Lombardia il felice primato di essere il detentore della documentazione che permette di ricostruire le radici della civiltà europea. L’arte rupestre della Valcamonica è un taccuino pittografico.
Quando i Romani giunsero in Valcamonica nell’anno 16 a.C. incontrarono una popolazione che già aveva una struttura socio-politica ben organizzata con un capo e con un assetto tribale. Vi erano artigiani, commercianti, pastori e sacerdoti in una organizzazione sociale evoluta. Una classe privilegiata costituita dalle famiglie dei capi e dei mercanti viveva in castellieri e in altre strutture in pietra, mentre gran parte della popolazione dedita in prevalenza all’agricoltura, all’allevamento e alla caccia, alloggiava in capanne di legno, talvolta con basi in pietra. Dalle figure rupestri e dagli scavi archeologici sappiamo che questa popolazione alla vigilia dell’incontro con i Romani, usava il carro e l’aratro, conosceva la lavorazione dei metalli, in particolare del ferro che riusciva ad estrarre nelle varie valli lombarde, nella stessa Valcamonica, in Valtellina e in Valtrompia, praticava commerci con popolazioni circostanti, produceva una elaborata ceramica, sovente decorata. Sapeva scrivere con caratteri prestati dagli Etruschi, usando la propria lingua, a seconda delle aree, forme dialettali di matrice retica e di matrice celtica. Aveva una religione politeista con divinità che riflettevano e rappresentavano l’economia e la società di artigiani, agricoltori, mercanti e guerrieri.
Tale realtà, di piccole comunità che godevano di una certa autonomia, in un mondo dove già si formavano embrioni di stati, da confederazioni di tribù di simile gruppo linguistico ed etnia, riflette l’immagine che si ha di gran parte dell’Europa, dove alcune confederazioni più rilevanti di altre, come gli Etruschi o i Veneti, già stavano acquisendo connotazioni politiche più definite. Questo mondo tribale trovò il suo crepuscolo con l’espansione di Roma.
I primordi ed il periodo Proto-camuno
Nell’area padana si hanno sporadiche testimonianze di Cacciatori paleolitici, a partire da circa 100.000 anni fa, ancor prima dell’avvento dell’Homo sapiens come evidenziammo nel saggio su “Brescia Preistorica” (1995). Nell’area alpina le più antiche testimonianze sono meno antiche. I ghiacciai del Pleistocene giungevano fino agli anfiteatri morenici, grazie ai quali si formarono il Lago Maggiore, il Lago di Como, il Lago d’Iseo, ed altri laghi alpini.
I primi abitanti delle valli lombarde furono probabilmente dei gruppi di Cacciatori che vi si addentrarono nel corso dell’interglaciale del Gotweig tra 40.000 e 33.000 anni fa, durante un periodo di recessione dei ghiacciai quaternari. Un gruppo del genere lasciò utensili in selce in una grotticella a Foppe di Nadro, in comune di Ceto. Ma poi i ghiacciai occuparono nuovamente le valli e non si hanno tracce d’uomo nelle Alpi e nelle Prealpi lombarde, fino dopo il disgelo e la recessione dei ghiacciai alpini, circa 12.000 anni fa, quando in varie località della Valcamonica, a Luine di Boario, a Cividate e altrove, sono affiorati strati con tracce di focolai e con strumenti litici riferibili alle fasi finali del Paleolitico.
Tremila anni più tardi, con le culture del Mesolitico, sono stati segnalati numerosi bivacchi, anche ad alta quota, praticati da gruppi di cacciatori nei periodi estivi, che coprono un lasso di tempo di circa 4.000 anni dal VIII al V millennio a.C.
A questi primi frequentatori delle valli alpine dell’Olocene, si devono le più antiche incisioni rupestri note in Valcamonica, così come nell’area del Totes Gebirge in Austria. Sono in prevalenza figure zoomorfe a linea di contorno, di dimensioni talvolta simili a quelle naturali dell’animale rappresentato e sono realizzate in uno stile, detto “semi-naturalistico”, caratteristico dei Cacciatori Evoluti finali. Rappresentano animali colpiti da dardi e tra questi figurano l’alce in Valcamonica e il bovide selvatico al Totes Gebirge, animali che scomparvero dalla fauna lombarda e alpina all’epoca in cui furono rappresentati o poco dopo.
I gruppi di cacciatori che raffigurarono questi animali e che lasciarono le tracce dei bivacchi erano piccoli nuclei nomadi o seminomadi che praticavano culti totemici riferiti agli animali che raffiguravano. Non conoscevano l’agricoltura, non avevano animali domestici, non vivevano in villaggi, non praticavano la lavorazione del metallo e non avevano né la scrittura, né il carro, né l’aratro. I primi abitanti erano dello stesso tipo che conosciamo in altre zone d’Europa; costituivano la popolazione del nostro continente con tradizioni e modi di vita diffusi non solo in Europa, ma anche in altre parti del mondo. Erano i discendenti di quell’Homo sapiens giunto in Europa tra 40.000 e 35.000 anni fa.
Le culture, le tradizioni, le caratteristiche delle varie etnie, delle varie entità locali, si sono formate nei 10.000 anni che sono illustrati dall’arte rupestre alpina, dai suoi primordi e fino all’arrivo dei Romani. Oltre 300.000 incisioni rupestri in Valcamonica, 20.000 in Valtellina, qualche migliaio ancora distribuito in vari angoli della Lombardia, rilevate, descritte, analizzate, lette e decifrate, rivelano le fasi formative della civiltà europea mostrando come i primi clan di cacciatori sono diventati i popoli Camuni, Vennoneti o Triumplini incontrati dai Romani ed indicati come gentes alpinae devicte nel trofeo di Augusto a La Turbie.
All’inizio delle ricerche in Valcamonica e Valtellina, l’arte rupestre della Lombardia era considerata come una manifestazione di epoca celtica (o ligure, o retica a seconda degli autori), comunque appartenente agli ultimi secoli prima della nostra era. Cinquanta anni di ricerche archeologiche hanno ridimensionato tale visione ed hanno permesso di distinguere periodi diversi e stili diversi e di proporre quindi una successione di orizzonti culturali dalla fine del Paleolitico all’arrivo dei Romani. È stato così possibile acquisire un quadro di eccezionale ampiezza dell’evoluzione e delle vicende dei popoli della Lombardia e, loro tramite, dell’evoluzione e della formazione della civiltà europea. Tale quadro continua ad essere raffinato e perfezionato dalle ricerche in corso.
Il Neolitico e lo sviluppo della civiltà camuna
Dopo l’arte dei Cacciatori Arcaici nella quale la figura animale di grandi dimensioni a linea di contorno era dominante, lo stile artistico cambiò drasticamente e il tema fondamentale dall’animale diventò l’uomo. Erano figure schematiche e stereotipate, contrastanti da quelle sub-naturalistiche precedenti. Il cambiamento di stile, nel 6° millennio a.C., è un cambiamento di ottica oltre che di tema. Sono raffigurati i primi animali domestici. Sono testimoniati culti agricoli come il culto del sole e quello della pioggia, elementi che influenzavano il raccolto. Le incisioni rupestri del periodo Neolitico forniscono una dovizia di informazioni su attività economiche ma anche su occasioni sociali, riti e culti e sulla concettualità ed ideologia dei primi popoli agricoltori e allevatori. Tuttavia la raccolta di frutti spontanei e la caccia non hanno mai abbandonato le popolazioni lombarde fino all’epoca romana. Le valli alpine sono ricche di prodotti spontanei, funghi, bacche, frutti di bosco, nocciole, mele selvatiche e sono ricche di selvaggina, dalla lepre ai caprioli ai cervi, dai volatili alle lumache, e la dieta tradizionale della Lombardia ancor oggi fa ampio uso di questi prodotti della natura.
Il cambiamento di stile e di tema, tra l’arte dei cacciatori nomadi e quella degli agricoltori sedentari, è una testimonianza drammatica dei mutamenti che si sono verificati nella struttura mentale. I cacciatori esplorano il mondo circostante, definiscono la preda, la vedono e la raffigurano con precisione. La loro attenzione ed anche il loro culto si concentra sugli animali commestibili. L’agricoltore esplora e definisce se stesso. La società è formata dal gruppo, le figure antropomorfe sono schematiche, le figure zoomorfe sono quelle di animali domestici, riserve di cibo.
I neolitici, con l’utilizzo dell’aratro e con la lavorazione intensiva dei campi, hanno introdotto, già nel V millennio a.C., nuove risorse di cibo, cereali tra cui il frumento, alcuni tipi di tuberi, alcune piante da frutta addomesticate, in primo luogo il melo che, curato adeguatamente, dava frutti sempre migliori. Anche la prugna era un prodotto locale che fu migliorato dall’agricoltura. Tuttavia gran parte dei prodotti della dieta tradizionale odierna è stata introdotta molto più tardi. La castagna, che fu una delle principali risorse della dieta alpina dal Medio-evo fino alla Seconda Guerra Mondiale, arrivò nella tarda età del Ferro o all’inizio del periodo Romano, la patata e il granoturco, elementi fondamentali per la cucina lombarda contemporanea, pervennero dopo la scoperta dell’America, probabilmente nel XVI secolo. Sono una introduzione recente, che ha conquistato la consuetudine quotidiana. Cosa sarebbe la cucina lombarda senza polenta e senza patate? Eppure queste risorse oggi essenziali erano ignote agli antichi camuni.
Il primo animale addomesticato fu il cane, ma poco dopo seguirono i bovini e poi il maiale, la capra, la pecora e più tardi, nella tarda età del Bronzo e nell’età del Ferro, si aggiunsero oche, conigli e polli: si configurò l’insieme di animali da fattoria che persiste ancor oggi. Dalle figure rupestri si apprende che l’animale più raffigurato e, si presume più ambito dai cacciatori, era il cervo. È probabile che la sua carne venisse anche conservata con metodi abbastanza simili a quelli coi quali oggi si fanno salami e prosciutti.
Anche la pesca aveva un ruolo nell’economia fin dall’inizio dell’Olocene, ma le figurazioni di pesci, sia nell’arte rupestre, sia nell’arte mobiliare, sono sporadiche ed è presumibile che costituissero una risorsa abbastanza limitata. Anche nella cucina lombarda odierna il pesce non fa parte del pasto tradizionale, ad eccezione di fenomeni vernacolari sulle sponde dei laghi alpini. Sono piccoli particolari, ma ci mostrano come sono andate formandosi alcune tradizioni che ancor oggi sopravvivono.
I primi Indoeuropei
Uno dei commerci più importanti della preistoria, dal Neolitico in poi, non ha lasciato tracce materiali: era il commercio del sale. I popoli cacciatori fanno scarso uso del sale. Quando la carne è consumata cruda o arrostita, i suoi sali naturali non vanno perduti e l’organismo umano non necessita l’aggiunta di cloruro di sodio. Con l’introduzione dell’agricoltura e si sviluppò la consuetudine di diete in gran parte vegetali e di carni lessate, l’organismo ebbe bisogno di supplemento di sale. Era una questione di salute oltre che di gusto. Quella del mercante di sale ed il trasporto del sale divenne, da allora, un’occupazione molto proficua.
Con l’inizio della lavorazione dei metalli, nel periodo Calcolitico, nel tardo IV millennio a.C., il commercio ebbe un immenso sviluppo e le popolazioni della Lombardia, da allora, sono state egregie protagoniste di questo mercato. Alcune forme delle armi raffigurate rivelano imitazioni di artigianati esotici, di matrice balcanica e mediterranea. L’arte rupestre mostra i tipi e le forme dei primi strumenti in metallo ed evidenzia la grande importanza che gli oggetti in metallo avevano per l’economia ed anche per le credenze ed il culto.
Verso la fine del periodo Neolitico l’arte rupestre rappresentava anche degli esseri antropomorfi surreali presumibilmente spiriti o divinità che poi acquisirono forme specifiche nel periodo successivo. Nel Calcolitico si sviluppò in Lombardia e in gran parte dell’area alpina una religione cosmologica che dava sembianze antropomorfe all’universo, con il cielo che ne costituiva la testa, la terra il corpo e il mondo ctonico la parte inferiore del corpo. Le armi metalliche come i pugnali, le asce e le alabarde, erano simboli dei poteri e delle energie attribuite alle divinità.
La concezione tripartita dell’universo riflessa da questi monumenti, segnò l’inizio di una cosmologia che ebbe una vastissima diffusione e che in periodi successivi viene attribuita alla ideologia indoeuropea. Oltre alla lingua infatti gli indoeuropei sono stati caratterizzati da una loro specifica concettualità che, come analizzato magistralmente da Georges Dumezil, si sintetizza nella visione tripartita della società e dell’universo.
In passato si era pensato che gli indoeuropei fossero una popolazione distinta, giunta in Europa dall’Asia. Oggi essi sono ritenuti una serie di etnie diverse che avevano una struttura sociale organizzata a caste, che parlavano vari dialetti di una medesima lingua liturgica e che avevano in comune anche credenze, riti e concetti di una specifica religione. Fu probabilmente la comune religione un fattore rilevante a costituire motivo di associazione e solidarietà tra le varie tribù. Essi concepiscono una divinità suprema, forse monoteistica, che riflette la loro struttura sociale con un gran capo, che domina e coordina le tre caste della società, i capi spirituali, i mercanti e i contadini. Come nell’ideologia induista, la casta braminica rappresenta il cielo, i mercanti il busto e i contadini la parte inferiore del corpo cosmologico.
La scoperta della presenza nell’area alpina di tale concettualità in epoca assai anteriore a quanto che si era in precedenza supposto, capovolge alcuni concetti essenziali. Era ritenuto ad esempio che la concettualità indoeuropea fosse di origine asiatica e che dall’Asia fosse giunta in Europa. Ora però, le più antiche testimonianze sono in Lombardia. È quindi lecito ipotizzare che la concettualità indoeuropea abbia avuto la sua origine proprio nell’area alpina e che da qui si sia poi diffusa verso oriente e non viceversa. L’argomento che fu per anni controverso, sembra ora giungere ad una soluzione, sulla base delle testimonianze archeologiche, che vede questo territorio in primo piano.
In tale contesto, nel periodo Calcolitico, tra il 3200 e il 2500 a.C., si sviluppa nell’arco alpino un nuovo tipo di arte rupestre caratterizzata da pietre movibili decorate, denominate “statue menhir” o “statue stele” a seconda che la pietra sulla quale sono decorate sia modellata dall’uomo o meno.
Le statue menhir hanno due grandi concentrazioni in Valcamonica e Valtellina. Altre concentrazioni nelle regioni limitrofe, in Alto Adige, Piemonte, Val d’Aosta e Liguria, indicano il ruolo primario che ebbe l’area alpina nello sviluppo di questo tipo di monumenti e dell’ideologia che essi rappresentano. L’iconografia particolare acquisita in quest’area riflette una nuova religione, la più antica che si conosca di stampo indoeuropeo, che successivamente raggiunse i più reconditi angoli d’Europa e varie regioni del continente asiatico.
I santuari sono in luoghi particolarmente suggestivi per il panorama, dai quali si vedono ampi paesaggi con cascate e corsi d’acqua e, nello sfondo, le cime delle montagne e tutto ciò che definisce la topografia del territorio. La loro ubicazione mostra il ruolo che zone alpine talvolta anche impervie, potevano avere per la vita sociale e spirituale delle antiche popolazioni. Si presume che siano in gran parte luoghi di iniziazione, di apprendimento, di studio del territorio, dove si venerava l’entità cosmologica che racchiude in sé stessa l’universo. Tale divinità si ricollega ad una entità analoga, il gigante Purusha, che ritroviamo nel pantheon indù duemila anni più tardi, con l’arrivo degli indo-ariani nel continente indiano.
L’età del Bronzo e del Ferro
A partire dal 2500 a.C., alla fine del periodo Calcolitico e poi durante l’età del Bronzo, si nota un’altra modifica nella tematica e nella sintassi dell’arte rupestre. I temi riguardano il culto delle armi e il culto di spiriti guerrieri. La lavorazione del metallo aveva creato ricchezza ed è presumibile che da ciò derivi la tendenza a divinizzare lo strumento. L’arma creata dall’uomo era venerata dall’uomo come se avesse un suo spirito e una sua volontà. Il culto delle armi indubbiamente riflette anche l’importanza economica che dovevano ricoprire la lavorazione ed il commercio degli oggetti metallici. L’arte rupestre rappresenta armi magnificate, che dovevano essere considerate magiche o miracolose, credenze che poi si sono tramandate nelle mitologia germanica.
Con il modificarsi della società, il culto della divinità cosmologica e il ruolo determinante attribuito ad una entità suprema, ispirato dal concetto piramidale della società del periodo calcolitico, si evolve in un culto degli oggetti. In un mondo dove dominano i commercianti vengono adorate le armi che producono il miracolo economico.
Nell’età del Bronzo si sviluppa anche un tema iconografico che già si conosceva precedentemente ma che ha avuto un vasto sviluppo nel II millennio a.C. Sulle rocce appaiono le cosiddette “figure topografiche” che si ritiene rappresentino mappe di località con strutture, muretti, campi e piantagioni. Che siano raffigurazioni fedeli delle realtà o raffigurazioni di paesaggi immaginari, esse riflettono il grande interesse che gli abitanti delle valli lombarde, Valcamonica e Valtellina, attribuivano al territorio. La terra era ormai suddivisa in particelle, in campi separati da muretti e la proprietà era affidata a questo o a quel clan. Il profondo senso della proprietà terriera ed il legame con il territorio hanno da allora contraddistinto il carattere dei Lombardi. La proprietà terriera fu anche causa dei contrasti e delle lotte interne testimoniate dall’arte rupestre della fase successiva.
Verso la fine dell’età del Bronzo emerge anche un altro aspetto: il proliferare di spiriti antropomorfi malefici e benefici, dai quali si presume che, successivamente, nell’età del Ferro, si siano sviluppate le divinità del Pantheon protostorico.
L’età del Bronzo è stata anche il periodo del grande sviluppo del commercio. Oltre al metallo, si diffondevano anche oggetti di parure, pietre pregiate quali l’ambra, che dal Baltico giungeva al Mediterraneo attraverso le Alpi. I carri a due e quattro ruote, cosi ben documentati dall’arte rupestre, permettevano il trasporto di merci su vasta scala da una parte all’altra del continente. L’Europa acquisiva il suo tradizionale carattere di terra di mercanti.
La Lombardia divenne un grande centro di passaggio per questi commerci e per le idee che accompagnavano le mercanzie, terra di ricezione di messaggi e anche terra di invenzione di messaggi che da qui si sono diffusi.
Nel processo di formazione della struttura sociale si è notato come le prime popolazioni giunte in Valcamonica e in Valtellina avessero una cultura e una tradizione simile a quella di altre zone d’Europa. Nel periodo Neolitico si accentuano le caratteristiche locali che poi si fanno sempre più marcate, permettendo, già nell’età del Bronzo, di distinguere caratteristiche diverse tra le popolazioni consorelle dei bacini dell’Oglio, dell’Adda o del Ticino.
Nell’età del Ferro, le identità tribali si restringono ancora. La transizione tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro, tra l’anno 1000 e l’anno 800 a.C. è stata caratterizzata da un episodio definito microglaciale, con un freddo intenso, segnato dal regresso delle popolazioni a seguito dell’espansione dei ghiacciai. Le valli alpine hanno subito un periodo di isolamento e quando, attorno all’800 a.C., il clima è tornato più mite, ogni valle aveva acquisito una propria caratteristica etnica e culturale con tipologie diverse, non solo nell’arte rupestre ma anche nella cultura materiale. Si presume che dopo questi 200 o 300 anni di maggiore isolamento, ogni valle avesse acquisito anche un proprio linguaggio locale che fosse già più di un dialetto.
L’età del Ferro vide lo svilupparsi di piccole tribù che avevano relazioni mutabili tra di loro, dove la lotta armata occupava un ruolo importante; probabilmente diatribe per le proprietà terriere, per lo sfruttamento delle miniere, per la supremazia sulle strade e sui mercati, aveva creato un’atmosfera di antagonismi e di lotte interne. L’arte rupestre, con numerose scene di lotta armata, riflette tale condizione. In questo contesto giungono nelle valli lombarde gli echi di culture che allora si ritenevano lontane, ma i cui mercanti giungevano nelle Alpi e vi lasciavano le impronte, influenzando l’arte rupestre e le culture locali. Mostrano la successione di riflessi della cosiddetta cultura dei Campi di Urne, della cultura di Hallstatt, da oltralpe e - dall’area italica - dei Villanoviani, dei Veneti, degli Etruschi ed infine dei Celti da Occidente.
Conclusioni
Le popolazioni della Valcamonica e della Valtellina e le aree limitrofe della Lombardia hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella diffusione delle ondate culturali che hanno interessato, oltre all’Italia del nord, anche varie zone Mitteleuropee e dell’Italia centrale.
Nella tarda età del Ferro, il commercio fioriva, le culture e le idee si diffondevano con le mercanzie; stranamente, a questa ondata di globalizzazione, faceva eco lo sviluppo di un provincialismo locale che rafforzava gli antagonismi tra i vari villaggi e i vari clan e che costituiva la matrice dei più recenti campanilismi. Tali lotte interne hanno portato ad una veloce decadenza che emerge chiaramente nell’arte rupestre. I Camuni e i Valtellinesi avevano già acquisito tante di quelle influenze esterne che avevano perso per strada molti elementi fondamentali della loro identità. Ma i campanilismi non servono a riscoprire l’identità. Quando i Romani giunsero vi fu una opposizione assai scarsa e in meno di un batter d’occhio essi posero fine alle culture autonome e tribali per accogliere le popolazioni alpine soggiogate, come dice il monumento di La Turbie, all’interno di quello che fu l’Impero romano.
L’Arte Preistorica ci rivela 10.000 anni di storia della Lombardia che poi diventano anche 10.000 anni di storia d’Europa. È una storia raccontata a fumetti dai diretti protagonisti, che la ricerca archeologica moderna sta riportando alla luce. Le ricerche continuano e questo nuovo grande libro di storia, quattro volte più lungo di quello che era finora la storia ufficiale, si arricchirà ulteriormente, per dare alla Lombardia una nuova dimensione delle proprie origini.