Testo di Tiziana Cittadini e Valeria Damioli
La Valcamonica è famosa in tutto il mondo per il suo straordinario complesso di incisioni rupestri, in gran parte risalenti alla Preistoria, riconosciute “Patrimonio dell’Umanità” dall’UNESCO fin dal 1979. Anche se vanno considerate a tutti gli effetti “Patrimonio dell’Umanità” tutte le località d’arte rupestre oggi note in Valcamonica, per favorirne la fruizione turistica sono stati istituiti otto parchi e allestite alcune aree archeologiche che comprendono i siti più significativi.
A seconda del grado di interesse e del tempo a disposizione, un itinerario ideale alla scoperta delle incisioni rupestri dovrebbe in linea di massima prevedere una visita a:
Istituiti in tempi diversi, i parchi e le aree archeologiche presentano diverse soluzioni amministrative e gestionali (percorso archeologico, parco comunale, parco regionale, parco nazionale), stabiliscono un proprio regolamento e soprattutto una propria politica di orari di apertura e di amministrazione degli ingressi, la cui disciplina deve essere di volta in volta verificata presso l’ente gestore. Dal 2021 è possibile acquistare (solo online) il Pass Incisioni, un biglietto unico valido un anno che permette un solo ingresso per ciascuno dei siti convenzionati. Per chi desidera visitare uno solo dei parchi resta la possibilità di acquistare l’accesso presso ogni singola biglietteria.
I parchi e le aree archeologiche coprono un areale abbastanza limitato, che si estende da Boario Terme, a Sud, fino a Sonico, a Nord. La massima concentrazione di siti incisi, e di conseguenza di aree allestite per la visita turistica, si trova nella zona di Capo di Ponte, in media Valle.
I mezzi pubblici sono poco frequenti e abbastanza scomodi; fatta eccezione per Capo di Ponte, le stazioni degli autobus e del treno sono spesso decentrate rispetto ai paesi. Gli unici mezzi di trasporto che permettono di visitare comodamente tutti i siti sono l’automobile o la moto. Eventuali taxi vanno prenotati con anticipo presso le agenzie locali perché non sono un servizio diffuso.
Le aree con arte rupestre si trovano in zone di mezza montagna, immerse nei boschi. Per raggiungere i siti è sempre necessario prevedere dei trekking a piedi. Solo alcuni parchi sono infrastrutturati per le persone con disabilità motorie, invitiamo a verificare prima di recarsi sul posto.
Se si preferisce una mobilità lenta sul territorio, da qualche anno la Valle è attraversata da due cammini: il “Cammino di Carlo Magno” e la “Via Valeriana”, che toccano numerosi siti con arte rupestre, oltre a chiese, monumenti e altre rilevanze artistiche e ambientali.
Anche la bicicletta potrebbe essere un valido mezzo di trasporto, in quanto la valle è attraversata da una pista ciclabile per tutta la sua lunghezza. Ricordiamo comunque che stiamo parlando di una zona di mezza montagna; è quindi necessario prevedere la presenza di dislivelli significativi.
I periodi migliori per programmare una visita sono la primavera (da aprile a metà giugno) o l’autunno (da metà settembre a ottobre). In estate fa molto caldo e il sole, a picco, non facilità la leggibilità delle incisioni. In inverno, le temperature possono essere molto rigide e alcuni sentieri potrebbero essere resi pericolosi dal ghiaccio e dalla neve; inoltre, alcune strutture ricettive potrebbero essere chiuse.
Capo di Ponte è il cuore dell’arte rupestre della Valcamonica e una visita non può che partire da qui, dove ha sede il Centro Camuno di Studi Preistorici e dove la Direzione regionale Musei Lombardia ha costituito il Polo Nazionale della Preistoria e Protostoria della Valcamonica, che comprende il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, il Parco Archeologico Nazionale dei Massi di Cemmo e il MUPRE – Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica. Dal 2009 sono state infrastrutturate e aperte alla visita anche alcune località sulla riva destra del Fiume Oglio, che rientrano nel Parco Archeologico Comunale di Seradina-Bedolina.
Informazioni
Tel.: 0364 42140; email: drm-lom.incisionirupestri@beniculturali.it; sito web: www.parcoincisioni.capodiponte.beniculturali.it
Orario estivo (dal 1 aprile al 31 ottobre):
Chiuso il lunedì.
L’orario invernale è soggetto a variazioni, si prega di verificare in anticipo
Ingresso: € 6,00
Accesso: In auto, superata la stazione ferroviaria di Capo di Ponte, al passaggio a livello si tiene la destra e si imbocca la strada che porta alla Chiesa delle Sante (segnali in loco). In via Limit e nei pressi della chiesa sono presenti alcuni parcheggi pubblici. L’ingresso del parco si raggiunge a piedi con una semplice passeggiata di 10 minuti.
In alternativa, dal piazzale dell’Hotel Graffitipark (dove è disponile un ampio parcheggio pubblico) seguire le indicazioni pedonali per il sentiero “nel bosco degli alberi del pane”. Anche in questo caso il parco si raggiunge con una semplice passeggiata di 10 minuti.
Il parco è raggiungibile a piedi in circa 20 minuti dalla stazione dei treni di Capo di Ponte (indicazioni in loco).
Alcune rocce del parco sono accessibili anche a persone con disabilità motoria.
Tempo di visita: mezza giornata
Naquane è la località con arte rupestre più nota della Valcamonica e la prima ad essere stata sottoposta a tutela, nel 1955, grazie agli studi condotti da Emmanuel Süss e all’attenzione dell’allora Soprintendente della Lombardia Mario Mirabella Roberti. Il parco oggi ospita 104 rocce istoriate, fondamentali per la ricostruzione del ciclo culturale camuno. Le incisioni coprono un excursus temporale notevole: dalle fasi più arcaiche fino ai graffiti moderni. I temi sono molto variegati dal punto di vista tipologico e anche la densità delle incisioni è eccezionale, al punto da far ritenere che la macroarea, che oggi chiameremmo Naquane – Foppe di Nadro, rivestisse un’importanza particolare per le comunità preistoriche.
Il Parco è organizzato in cinque percorsi di visita: il percorso di colore arancione, che inizia all’ingresso, è l’itinerario base, dal quale si dipartono gli altri. All’interno di questo parco diventa difficile stilare una classifica delle rocce più significative; per la loro importanza storica e per la loro bellezza artistica segnaliamo come “imperdibili” le rocce 1, 50 e 35.
Nota come la Grande Roccia di Naquane, è una delle superfici più grandi e densamente istoriate in Europa; la sola visita a questa roccia giustifica un viaggio in Valcamonica. È una grande superficie montonata e lisciata dal ghiacciaio, che forma un unico complesso istoriativo con le adiacenti r. 2-3-4. Per facilitarne la visita è attraversata da una grande passerella di legno, che lambisce i pannelli istoriati più interessanti.
La prima cosa a colpire il visitatore è la freschezza delle incisioni e la loro leggibilità quasi perfetta, anche grazie alla sua favorevole esposizione al sole. Vi si possono ammirare incisioni databili dal Neolitico all’età del Ferro: oranti schematici semplici, itifallici e con grandi mani, figure di telaio, numerose scene di caccia, cervi con i palchi ben evidenziati, guerrieri, cavalieri con vistosi copricapi raggiati o piumati, un labirinto, palette, capanne e numerosi altri simboli.
Anche la r.50 vanta notevoli dimensioni ma non una buona esposizione ai raggi solari, è quindi più difficile da leggere rispetto alle altre rocce del parco. Servita anch’essa da una comoda passerella, offre al visitatore la possibilità di avvicinarsi ad una bellissima composizione di antropomorfi raffigurati nella posizione dell’“orante”.
La parte centrale della roccia è occupata da grandi guerrieri con spada, scudo ed elmo crestato che rimandano alla fase di influenza etrusca della media età del Ferro. Nel repertorio, legato ad un ambito maschile e guerresco, spiccano i cavalieri, impegnati sia in combattimenti sia in battute di caccia. Un cavaliere con un “gonnellino” sembra stare in equilibrio sul dorso del suo cavallo, impegnato in una prova di abilità, forse iniziatica, forse cerimoniale.
Situata all’estremità Sud del Parco, anche questa roccia offre una leggibilità eccezionale. Sulla sua superficie spicca una grande teoria di capanne di età del Ferro che vanno parzialmente a sovrapporsi a scene di caccia al cervo. Fra le figure più interessanti ricordiamo il cosiddetto “sciamano che corre”, tratteggiato con perizia e vivacità, e la scena “del fabbro”, che sembra mostrare un artigiano al lavoro (età del Ferro).
Informazioni:
Gli orari di apertura possono subire variazioni, verificarli in anticipo contattando il Parco di Naquane (tel: 0364 42140; email: drm-lom.incisionirupestri@beniculturali.it; sito web: www.parcoincisioni.capodiponte.beniculturali.it)
Ingresso gratuito. Il sito è accessibile anche a persone con disabilità motoria.
Accesso: Parcheggio pubblico in via Pieve di san Siro, nella frazione di Cemmo di Capo di Ponte.
Tempo di visita: un’ora circa
I due Massi di Cemmo, nella piccola valle di Pian delle Greppe, sono strettamente legati alla scoperta dell’arte rupestre camuna: segnalati da G. Laeng nel 1909, già nel 1914 compaiono con una breve nota sulla Guida del Touring Club Italiano, per essere poi fatti oggetto di numerosi studi per tutto il Novecento e i primi anni 2000.
Dagli scavi archeologici sappiamo che l’area fu sacralizzata dall’età del Rame, quando furono incisi i due massi principali. Ad essi si aggiunsero, verso la fine del medesimo periodo, le stele “Cemmo 3” e “Cemmo 4” e buona parte delle altre recentemente rinvenute, oggi esposte al MUPRE.
Successivamente, nell’età del Bronzo, fu costruito un recinto murario semicircolare, che monumentalizza lo spazio sacro. Nella media ed avanzata età del Ferro (V/IV-II/I sec. a.C.), il santuario megalitico venne ristrutturato anche con il riutilizzo (e la re-incisione) di alcune statue stele dell’età del Rame. Il santuario restò in uso anche in età romana: il recinto murario fu sistemato con un piano acciottolato, mentre alcuni frammenti di stele di età del Rame furono usati come materiali di risulta e altre stele furono re-innalzate.
L’avvento del Cristianesimo sancì la fine del sito cerimoniale e del culto pagano qui praticato: le stele furono abbattute intenzionalmente e in parte buttate in grandi fosse aperte lungo il recinto murario, oppure addossate al corpo esterno del muro e accuratamente sigillate con ciottoli fluviali. Quest’ultimo intervento di esaugurazione (cerimonia di sconsacrazione), che segna l’abbandono definitivo del santuario, si colloca tra tarda romanità e Alto Medioevo e potrebbe essere messo in relazione con la lotta sferrata contro l’idolatria delle pietre. Tale condanna potrebbe essersi conclusa con la cristianizzazione dell’area, espressasi in modo determinato e radicale sul luogo stesso, con la riorganizzazione generale di tutta la conca di Cemmo, la costruzione di una via e di terrazzamenti, e con la fondazione, in prossimità dell’antico luogo di culto pagano, della Pieve dedicata a S. Siro, ossia il santo che secondo la leggenda portò il Cristianesimo in Valle.
Informazioni:
Sito web: www.mupre.capodiponte.beniculturali.it
Orari:
Lunedì chiuso.
Gli orari di apertura possono subire variazioni, verificare prima sul sito www.mupre.capodiponte.beniculturali.it.
Ingresso gratuito. Il museo è accessibile a persone con disabilità motoria.
Accesso: parcheggio pubblico in via san Martino, nel centro storico di Capo di Ponte.
Tempo di visita: due ore e mezza
Situato nell’antico edificio di Villa Agostani, nel centro storico di Capo di Ponte, il Museo offre uno spaccato interessante sulla cultura materiale della Valcamonica preistorica.
Il piano terra è dedicato ai santuari megalitici dell’età del Rame: vi sono esposte oltre 50 tra stele e massi-menhir istoriati, provenienti dai santuari megalitici di Cemmo, Bagnolo, Ossimo-Anvòia, Ossimo-Pat e altre località. Si tratta di reperti di particolare suggestione e, in alcuni casi, di imponenti dimensioni (come le maestose stele Cemmo 9 e Pat 4), che rendono la Valle partecipe dell’esteso fenomeno del megalitismo alpino ed europeo.
Il piano superiore ospita i numerosi reperti della cultura materiale: dai ripari mesolitici agli insediamenti neolitici fino alle età dei metalli, i reperti “raccontano” gli antichi modi di vivere e abitare le Alpi, sfruttandone in modo ottimale le risorse ambientali.
I rinvenimenti archeologici legati al mondo funerario, benché non numerosi, offrono dati significativi per ricostruire la complessa concezione della morte nell’età del Rame, con i ripari sotto roccia (Riparo 2 di Foppe di Nadro) e i santuari con stele, dove tumuli e circoli votivi con deposizione di offerte (Ossimo-Pat) e resti di ossa umane (Ossimo-Anvòia, Cemmo) lasciano intravedere aspetti del culto degli antenati.
Informazioni:
Agenzia Turistico Culturale di Capo di Ponte – Tel: 334/6575628; Sito web: www.parcoseradinabedolina.it
Orari: Tutti i giorni dalle 10:00 alle 17:00
Chiuso il giovedì.
Ingresso: € 4,00
Accesso:
Tempo di visita: 3-4 ore
Il Parco Archeologico Comunale di Seradina-Bedolina (Capo di Ponte), aperto al pubblico nel 2005, comprende le ricche aree con incisioni rupestri di Seradina e di Bedolina, in cui fino ad oggi sono state individuate oltre 160 superfici istoriate, oggi organizzate in vari percorsi di visita identificati con diversi colori. Il Parco si situa in un’ampia fascia territoriale, posta fra i 400 e i 600 m s.l.m. e compresa fra gli abitati di Cemmo e Pescarzo. L’area a quota più bassa, Seradina, con le rispettive sotto-aree di Seradina I, II e III, si contraddistingue per la capillare diffusione di incisioni dell’età del Bronzo e gli inizi dell’età del Ferro (fine II – inizio I millennio a.C.). Le rocce, di piccole dimensioni, recano molte scene di duelli, combattimenti rituali, tenzoni, mentre in un settore specifico (Seradina I, o Corno di Seradina) sono presenti numerose scene di aratura. Le porzioni istoriate sono generalmente di piccole dimensioni, ad eccezione della grande roccia 12 di Seradina I.
Nel pianoro di Bedolina sono invece localizzate numerose rocce con “composizioni topografiche”, tra cui la famosa Roccia della Mappa.
Indiscussa roccia leader dell’area, reca una serie di incisioni a carattere ideologico o mitologico. Una grande scena di caccia al cervo con cavalieri e cani ne occupa la parte centrale. Poco discoste, sei scene di aratura presentano equidi aggiogati e guidati da un personaggio con zappa, seguite da scene di accoppiamento.
A questi soggetti si aggiungono isolate raffigurazioni che evocano probabili epopee mitologiche, come è il caso di una famosa scena nella quale uno dei personaggi, armato di ascia a lama quadrata, afferra con una mano un grande serpente.
Affacciata in posizione panoramica sulla valle, questa roccia esemplifica anche al visitatore meno attento lo stretto legame fra l’arte rupestre e il territorio. La roccia è quasi completamente ricoperta da figure complesse, con elementi rettangolari, a volte campiti o riempiti con ordinati filari di coppelle e spesso uniti da linee a formare estese geometrie. L’insieme è stato da sempre descritto come una rappresentazione del territorio a cui sono state aggiunte, in epoca successiva, figure sporadiche di armati (parte centrale), la grande rosa camuna nel lato sinistro superiore e le rappresentazioni di capanne nel registro inferiore.
Informazioni:
Tel: 0364 433465; email: riservaincisioni.museo@arterupestre.it; sito web: www.arterupestre.it
Orario:
Chiuso il martedì
Ingresso: € 5,00
La biglietteria si trova presso il Museo di Nadro, che funge anche da centro visitatori e offre il servizio di accoglienza, visite guidate, laboratori didattici e lezioni.
Istituita nel 1988 da Regione Lombardia, su sollecitazione del Centro Camuno e delle amministrazioni comunali, la Riserva naturale delle incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, con i suoi 300 ettari di territorio e oltre 500 rocce istoriate, è il parco archeologico più esteso del sito UNESCO n. 94 “Arte rupestre della Valcamonica”. La Riserva è gestita dall’Ente di Diritto Pubblico Riserva naturale delle incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo (www.arterupestre.it), mentre la direzione scientifica è affidata al Centro Camuno di Studi Preistorici (www.ccsp.it). La Riserva è un complesso mosaico di testimonianze archeologiche, storiche, etnografiche e ambientali che “raccontano” l’evoluzione dell’ambiente alpino nei millenni.
La Riserva è attrezzata con percorsi di visita ben segnalati e manutenuti; ogni visitatore potrà scegliere se dedicare alla visita poche ore o più giorni, per cogliere l’estensione e la varietà del sito nel suo complesso. La visita inizia dal Museo di Nadro e prosegue in uno dei numerosi percorsi di visita all’arte rupestre, con accesso da Nadro di Ceto (per Foppe), da Cimbergo (per Campanine) e da Paspardo (per Plas – Capitello, In Vall, ‘Al de Plaha e Sottolaiolo).
L’antica viabilità di transito e comunicazione, i terrazzamenti agricoli, gli insediamenti storici (i centri storici, il castello, i cascinali, i ripari) sono un tassello importante per comprendere la vita delle comunità alpine attraverso i secoli. Anche l’attuale assetto della vegetazione è frutto dell’intervento dell’uomo: il paesaggio naturale è stato modificato per adattarlo alle esigenze di vita e di sostentamento delle comunità locali, con l’introduzione di specie arboree come la vite e il castagno e la gestione delle acque.
Accesso: da Nadro di Ceto, parcheggio libero presso il cimitero, via Piana. Si raccomanda di ritirare il biglietto presso il museo.
Tempo di visita: 2-3 ore
Dopo la visita al museo della Riserva, lasciando il grazioso centro storico di Nadro, un antico viottolo acciottolato conduce all’area archeologica di Foppe, costituita da un susseguirsi di superfici fittamente istoriate organizzate in un piacevole percorso ad anello. Il primo tratto del sentiero, detto strada delle Aquane, è delimitato da alti muraglioni che sostengono pianori coltivati fin dall’antichità. Con un buon passo, dopo un quarto d’ora di cammino si arriva all’area didattica, che ospita le ricostruzioni archeologiche di una capanna neolitica e di una casetta retica di età del Ferro, da cui parte il sentiero ad anello che permette di visitare le incisioni rupestri.
Le incisioni ritrovate vanno dal V mill. A.C. fino al XIX secolo; particolarmente importanti le incisioni su roccia di età del Rame, la ricca tipologia di armi di età del Bronzo (II mill. A.C.) e i leggiadri guerrieri riferibili alla fase di influenza etrusca durante la media età del Ferro.
Nei principali siti con arte rupestre della Valcamonica è possibile individuare quelle che gli esperti chiamano “rocce leader”, superfici fittamente istoriate attorno alle quali ruotano rocce minori che ne riprendono in parte l’iconografia. La roccia 6, una delle superfici più ricche e famose dell’intera valle, è a pieno titolo una roccia leader.
Le numerose incisioni sono state realizzate fra la media e la tarda età del Ferro e testimoniano l’apice artistico raggiunto dalle genti camune in questo periodo; si dispongono su quasi tutta la superficie e coinvolgono pressoché tutti i temi noti del ciclo camuno, nonché diverse rappresentazioni e scene che possono essere definite degli unicum. Oltre ai guerrieri, vi sono ampiamente rappresentati alcuni temi assai caratteristici, fra cui numerose figure di capanna e, soprattutto, centinaia di impronte di piede. Numerose anche le figure di uccello, un tema ricorrente nell’area di Foppe di Nadro, mentre nella parte bassa si notano alcune raffigurazioni eccezionali, fra cui stelle a cinque punte, iscrizioni in alfabeto camuno (variante dell’alfabeto nord-etrusco) e due scene di lotta (duello armato e pugilato) realizzate in stile naturalistico.
La r. 24 vale, da sola, il viaggio in Valcamonica: modellata dal ghiacciaio in forme eleganti, ospita incisioni iconiche e famose come la “rosa camuna”. Per facilitarne la fruizione, la roccia è attraversata da una passerella in legno, che permette di avvicinarsi alle magnifiche incisioni sulla sua superficie.
A monte della passerella si nota una grande frattura da fuoco, dovuta all’accensione di grandi falò in epoca preistorica, circondata da incisioni del periodo tardo Neolitico-età del Rame: mappe topografiche, bucrani, un pugnale e infine oranti schematici. Di particolare interesse è il cosiddetto “villaggio”: 32 capanne, tutte diverse le une dalle altre, concentrate in un unico pannello.
A valle della passerella trovano posto alcune fra le scene più iconiche di Foppe di Nadro: guerrieri armati in varie fogge, isolati, in duello, a cavallo; la bellissima rosa camuna, accompagnata due guerrieri armati di scudo, corta spada ed elmo crestato; un personaggio con lunga veste e strumento musicale, chiamato “il flautista”; il celebre “animale mitologico” a nove zampe, che sembra avere un lungo corno in fronte. Infine, il settore conserva una rara fase di figure filiformi dell’età del Ferro: un armato, una serie di alfabetari, due coltelli di tipo Introbio (I sec. a.C.), stelle a cinque punte e impronte di piede. In basso, verso valle, si leggono chiaramente una scena di caccia con due cervi maschi inseguiti da cani (media età del Ferro), un cavaliere, una stella a cinque punte, altri armati, un secondo piccolo “villaggio”, un cervo cavalcato e alcune impronte di piede.
Nascosta sotto la passerella, una gronda glaciale ospita una teoria di segni a martellina e a graffito, quasi tutti di età storica. Questo genere di incisioni a graffito è presente anche su altre superfici a Foppe di Nadro e soprattutto a Campanine di Cimbergo, costituendo uno dei tratti caratteristici del versante.
Il complesso roccioso denominato R.26-27 costituisce una delle massime concentrazioni d’arte rupestre dell’area ed è ad oggi la roccia studiata con il maggior numero di incisioni dell’intera Valle (più di 3000 segni).
Dalla passerella si possono comodamente ammirare numerose figure della media e tarda età del Ferro: alcuni cavalli “a corpo aperto”, un grande cavallo con cavaliere e scudiero; la scena detta “idolo farfalla”, in cui un orante alato sembra volteggiare sopra un secondo orante; un orante circondato da sette cani, oltre a numerose altre incisioni.
Più difficili da individuare, sulla vasta superficie montonata, vi sono il “tempio di Nadro” (una complessa raffigurazione di costruzione con numerosi simboli) e una scena erotica. Sparse qua e là si trovano concentrate altre figure e temi specifici, fra cui: uccelli, un nodo di Salomone graffito, numerose asce a lama quadrata, palette, impronte di piede, scritte in caratteri nord etruschi e altri segni a martellina e graffiti.
Accesso: da Cimbergo, parcheggio libero e gratuito in via G. Marconi – area feste.
Tempo di visita: un’ora e mezza
Il punto di accesso all’area di Campanine è ben segnalato lungo la strada statale 88 che, da Ceto, sale al borgo di Cimbergo. Il sentiero pedonale scende ripido e, dopo circa 10 minuti a piedi, si incontrano una piccola edicola votiva (Capitèl de le Campanine) e le prime rocce istoriate.
Seguendo il sentiero principale è possibile visitare le rocce aperte al pubblico e scegliere se continuare la discesa verso Figna e l’area di Foppe di Nadro, oppure se rientrare dalla stessa strada percorsa all’andata.
L’area di Campanine è stata completamente studiata e pubblicata dal Centro Camuno di Studi Preistorici. Le incisioni preistoriche vanno dal periodo tardo neolitico all’età del Ferro, ma sono particolari e curiose le incisioni di piena epoca storica (riferibili soprattutto al XIV e XVI-XVII secolo d.C.), probabilmente collegate alla mulattiera detta “delle Scarazze” che da Capo di Ponte saliva verso la rocca di Cimbergo.
Le rocce 5, 6 e 7 appaiono oggi come un unico grande affioramento senza soluzione di continuità, a valle del sentiero.
La R.5 è caratterizzata dalla compresenza di figure preistoriche e storiche. È da notarsi inoltre la presenza di uno “scivolo della fertilità”, utilizzato fino a tempi recenti. Nella porzione superiore si leggono abbastanza chiaramente numerose figure di capanna, una scena di caccia al cervo (molto rara a Campanine), un labirinto graffito e numerosi guerrieri riferibili all’età del Ferro. I settori centrale ed inferiore sono invece difficilmente leggibili a causa delle numerose sovrapposizioni; tuttavia, si distinguono scritte in caratteri nord-etruschi e latini (IOVIS) e più recenti croci cristiane. Particolarmente importante, nel settore destro, una figura antropomorfa con tre chiavi, chiamata per anni “il san Pietro”, che recenti studi iconografici avvicinano invece alla figura del castellano, custode delle chiavi della rocca e del borgo di Cimbergo.
La principale caratteristica della R. 6 è il pannello inferiore, prossimo al piano di calpestio, interessato da istoriazioni di epoca storica (dal tardo XV al XVI secolo inoltrato). Una vera e propria foresta di immagini graffite: motivi geometrici (stelle a cinque punte, reticoli e scaliformi), date sia a martellina che in filiforme (1319, 1330, 1342), nodi di Salomone, patiboli vuoti o con i condannati colpiti dal boia o assistiti dal confortatore, dadi (segno della pura e cieca sorte), una piccola figura con falce, alcune croci filiformi e un calvario. Sulla roccia sono incise anche delle balestre, simboli araldici (l’aquila e il giglio che fanno parte dello stemma dei Ducco, podestà di Valle alla fine del Quattrocento) e un curioso diavoletto affiancato da un tubero, interpretato da alcuni come mandragola ma che presenta decisamente i tratti di una rapa.
La R. 7 presenta un excursus temporale decisamente più ampio: dal tardo Neolitico, all’età del Bronzo e del Ferro, fino all’età moderna. Le incisioni più antiche sono gli antropomorfi (di particolare rilievo un orante femminile con “grandi mani”), cerchi e coppelle. Nell’età del Bronzo è stata istoriata una grande ruota doppia, proprio sopra uno degli oranti schematici. Nella fase di età del Ferro un massiccio personaggio armato di ascia, con spada alla cintura e scudo rettangolare, fa da perno a una ricca composizione di 33 figure di ascia strettamente associate a coppelline, impronte di piede, capanne e altre figure antropomorfe e zoomorfe. La fase storica si caratterizza per una massiccia presenza di chiavi e per la rappresentazione a volo d’uccello di un sistema di fortificazione. Numerose croci, spesso grossolane, si affiancano e in alcuni casi si sovrappongono alle figure storiche. Poco sotto, eseguiti con la tecnica filiforme, vi sono tre cavalli (di cui uno cavalcato da un armato) databili approssimativamente al XIV secolo e dei reticoli.
Su un settore separato è incisa un’interessante – e finora unica – composizione scenica: una struttura abitativa di eccezionali dimensioni (circa un metro di altezza) che ospita al suo interno una “capanna-figlia”, alcune figure umane e sette impronte di piede di varie tipologie. Seduti a ridosso di una parete nella parte inferiore della capanna, due personaggi sono ritratti a colloquio: il primo seduto su una mensola sporgente dal muro, in atteggiamento deferente, il secondo su un sedile che ricorda i seggi raffigurati nei fregi delle situle reto-veneta e i “troni” dei principi etruschi. È una scena unica, una testimonianza della vita privata della classe aristocratica dominante durante l’età del Ferro.
L’arte rupestre di Paspardo, per la sua considerevole estensione e distribuzione irregolare sul territorio, è suddivisa in numerose sotto-aree, ciascuna caratterizzata da soggetti unici o stili peculiari. Molte delle superfici istoriate sono ancora oggetto di ricerca da parte della Cooperativa Archeologica “Le Orme dell’Uomo”; soltanto una minima parte è stata resa fruibile al pubblico e attrezzata con indicazioni e pannelli turistici.
Tutti gli ambiti di visita di Paspardo sono raggiungibili comodamente a piedi dal paese, sono ben segnalati in loco e dotati di parcheggio pubblico gratuito. Presso l’area di Sottolaiolo è allestita una piccola struttura museale, con dotazioni che consentono la visita a persone con difficoltà motorie, visive e sensoriali.
Ogni località presenta un’arte rupestre con temi iconografici peculiari: a Dos Sottolaiolo e In Vall troviamo rocce incise riferibili per lo più all’età del Ferro; Plas e Capitello dei Due Pini presentano dei rari esempi di composizioni monumentali di età del Rame; a Vite e ‘Al de Plaha sono state ritrovate importanti composizioni topografiche e insiemi attribuibili alla tarda età neolitica e all’antica età del Bronzo.
Anche il contesto ambientale è molto godibile: il borgo ha un grazioso centro storico, abbracciato da boschi e castagneti; inoltre, il grande pino silvestre di Plas e alcuni dei castagni secolari sono stati dichiarati monumenti naturali.
Il Parco di interesse sovracomunale del Lago Moro, Luine e Monticolo abbraccia una vasta area di interesse archeologico e naturalistico ricadente nei territori di Darfo Boario Terme e di Angolo Terme. Gli ambiti preferenziali per la visita alle incisioni rupestri sono le colline di Luine, Crape, Simoni e il Monticolo – Corni Freschi. Per il suo interesse paesaggistico, merita una visita il piccolo Lago Moro.
Informazioni:
Tel: 348 7374467; email: territorioeparchi@darfoboarioterme.gov.it; sito web: https://www.comune.darfoboarioterme.bs.it/it/point-of-interest/742987
Orario estivo:
Lunedì chiuso.
L’orario invernale potrebbe essere ridotto.
Ingresso: € 5,00
Accesso: dalla frazione di Gorzone (Darfo B.T.), parcheggio pubblico e gratuito presso la chiesa di san Rocco, via Coppelle.
Tempo di visita: 2-3 ore
Nell’area, che fino agli anni ’90 era denominata Parco di Luine, si contano più di 100 pannelli istoriati con figure geometriche, insiemi di armi (asce, pugnali, alabarde), rose camune, grandi guerrieri, simboli e iscrizioni alfabetiche. Uniche nel loro genere, a Luine si possono osservare le più antiche incisioni rupestri del ciclo camuno, risalenti al periodo mesolitico, eseguite da cacciatori seminomadi che hanno utilizzato la Valle come territorio di caccia sul finire delle grandi glaciazioni. Oltre alle numerose incisioni rupestri, gli scavi archeologici hanno restituito fondi di capanna e strutture murarie a secco, che potrebbero testimoniare la presenza di un “santuario” usato da una o più comunità preistoriche.
La visita può iniziare dalla biglietteria-centro visitatori, dove è allestita anche una piccola esposizione, e proseguire lungo i tre percorsi di vista segnalati. Le rocce principali sono dotate di pannelli didattici.
Sulle rocce Luine r. 34 e Crape r. 6 sono presenti le più antiche testimonianze di figure incise, attribuibili agli ultimi cacciatori mesolitici e datate tentativamente al IX-X millennio a.C.
Indubbia roccia leader di Luine è la maestosa r. 34, un’estesa superficie che con un unico sguardo permette di percorrere l’intero ciclo istoriativo camuno: dal grande cervide mesolitico fino alle fasi finali dell’età del Ferro.
La porzione superiore della roccia, osservabile dal sentiero che la costeggia ad Est, ospita un cervide con la testa volta all’indietro, forse colpito da alcune armi da getto (frecce? lance?), attribuito da Emmanuel Anati al periodo Protocamuno (antecedente il VII millennio a.C.). Le grandi dimensioni (circa 1 m di lunghezza), la posizione del corpo e la scelta compositiva sembrano confermare un’attribuzione all’epoca dei cacciatori mesolitici. Le più recenti indagini condotte da Angelo E. Fossati e Dario Sigari sembrano confermare l’attribuzione della figura alle fasi finali del Paleolitico Superiore. Poco più in basso, si distinguono alcuni armati a corpo quadrato di quasi un metro di altezza, che con ogni probabilità appartengono alle fasi centrali dell’età del Ferro.
Più in basso, alcune figure a reticolo, rettangoli decorati, insiemi di coppelle, linee, ecc. potrebbero rientrare genericamente nella tipologia delle composizioni geometriche di tipo “topografico”. Accanto ad esse ricorrono numerose scene di guerrieri e duellanti attribuibili, grazie allo studio dei corredi e delle armi, alle fasi finali dell’età del Ferro.
La porzione laterale sinistra è occupata da alcune enigmatiche figure meandriformi e da una notevole raffigurazione di labirinto di tipo cretese (inciso capovolto, con l’entrata nel punto superiore). A poca distanza è inoltre visibile una grande raffigurazione di rosa camuna a svastica.
Il settore destro è invece occupato da un’ampia composizione dell’età del Bronzo: una serie di lance, asce con lama allungata e taglio espanso, alcune alabarde, un pugnale (o corta spada?), rettangoli e figure serpentiformi, secondo uno schema compositivo assai diffuso durante l’antica età del Bronzo.
Con i suoi 50 mq di superficie coperti da istoriazioni questa superficie, affacciata sull’abitato di Darfo B.T, è la seconda roccia leader dell’area. Purtroppo lo stato di conservazione generale non è ottimale, ma la recente costruzione di una passerella facilita il visitatore, che può così avvicinarsi alle incisioni principali. Nel settore inferiore compaiono alcuni rettangoli con decorazioni interne a linee parallele, mentre nella porzione centrale si raccolgono numerose raffigurazioni di armi, fra cui si riconoscono asce di varia tipologia, alabarde (comparabili in alcuni casi al tipo “Villafranca”, che si ritrova anche nella non lontana composizione monumentale dei Corni Freschi e in genere sui massi e sulle statue-stele della fine dell’età del Rame), pugnali, rettangoli decorati e numerose coppelle. Presenti anche alcune rappresentazioni di cerchi semplici, con raggi interni o con coppella centrale.
L’area superiore è invece caratterizzata da una ricca concentrazione di iscrizioni in alfabeto camuno. Osservando meglio si può notare come le iscrizioni si sovrappongono ad un pannello molto più antico, in cui spicca la figura di alce attribuita da Emmanuel Anati al periodo Protocamuno (antecedente il VII millennio a.C.). In particolari condizioni di luce si possono intravedere altri sette animali (alci e, forse, capridi) nello stesso stile. Sullo stesso pannello compaiono anche figure di cerchi, semplici o con coppella centrale, soprattutto nella forma concentrica e graffita a compasso.
Informazioni:
Tel: 0364 541106; email: turismo@darfoboarioterme.net; sito web: https://www.comune.darfoboarioterme.bs.it/it/point-of-interest/742988?category_id=355503
Orari: aperto tutto l’anno.
Ingresso libero e gratuito.
Accesso: dal parcheggio Archeopark in località Gattaro o dall’area picnic Monticolo. La roccia dei Corni Freschi si raggiunge a piedi seguendo la pista ciclabile.
Tempo di visita: un’ora circa
Il Masso dei Corni Freschi o Roccia delle Alabarde rientra nel grande complesso di siti megalitici di età del Rame della Valcamonica. Su una delle pareti del masso sono incise due composizioni di armi: in alto, nove alabarde (armi da parata o di rappresentanza) che si dispongono in due gruppi contrapposti fra loro; in basso, quindici pugnali a lama sub-triangolare e pomo ovale in due gruppi, rispettivamente di 6 e 9, che ancora una volta si fronteggiano. La foggia delle armi ha permesso una datazione all’età del Rame (fine III millennio a.C.).
L’altopiano del Sole, che comprende i comuni di Piancogno, Malegno, Ossimo e Borno, conserva alcuni fra i siti più importanti della preistoria camuna e, più in generale, di tutto l’arco alpino. Si tratta dei cosiddetti “centri cerimoniali” o “santuari megalitici” dell’età del Rame (III millennio a.C.), luoghi in cui l’erezione di grandi pietre spesso decorate e i resti di attività di natura cerimoniale testimoniano la presenza di culti protrattisi nel tempo, a volte per migliaia di anni.
Informazioni:
Tel: 0364 41100 (Comune di Ossimo); email: info@comune.ossimo.bs.it;
Aperto da aprile a ottobre (verificando prima le previsioni meteo) nelle ore diurne. Sentiero fortemente sconsigliato in caso di ghiaccio e neve.
Ingresso gratuito
Accesso: percorrendo per circa 2 km la strada che da Ossimo Inferiore porta a Villa di Lozio, oltrepassata la località Creelone, si arriva in automobile all’accesso del sentiero pedonale che scende alla località Asinino.
Tempo di visita: un’ora circa
L’area archeologica di Pat, Asinino e Anvòia abbraccia un ampio areale, costituito da un sistema di siti caratterizzati da filari di pietre erette durante l’età del Rame (III millennio a.C.) e da numerosi elementi artificiali, posti con l’intento di strutturare in forma cerimoniale una porzione del versante montano. L’intervento dell’uomo prevedeva l’attenta scelta del luogo, la creazione di radure mediante l’eliminazione della copertura arborea e, infine, l’alterazione permanente dell’ambiente con l’inserimento di elementi in pietra; questi ultimi spesso non erano reperiti in loco, ma portati a volte anche da considerevole distanza e incisi con composizioni altamente simboliche (riprendenti temi e simboli maschili e femminili). Tutti questi elementi portano a definire l’insieme quale un complesso monumentale con caratteristiche architettoniche: si tratta del primo intervento di questo tipo documentato in Valcamonica, un’attitudine nuova rispetto alla semplice attività di incisione su roccia. La durata della frequentazione di ciascun sito appare diversificata e in alcuni casi si protrae con certezza fino alla tarda età del Ferro. In località Asinino, un plastico a grandezza naturale con le stele riprodotte in resina mostra la ricostruzione del sito così come doveva presentarsi 4.500 anni fa; gli originali sono oggi conservati al MUPRE di Capo di Ponte.
Orari: Aperto da aprile a ottobre (verificando prima le previsioni meteo) nelle ore diurne. Sentiero sconsigliato in caso di ghiaccio e neve.
Ingresso gratuito
Accesso: nonostante il sito ricada nel territorio del comune di Borno, l’accesso più comodo è dal comune di Ossimo Inferiore. Attraversato il borgo si imbocca la strada che conduce al santuario della SS. Annunciata; prima del ponte un cartello indica lo sterrato che permette di raggiungere l’area archeologica in pochi minuti.
Tempo di visita: mezz’ora circa
L’area archeologica di Valzel de Undine restituisce interessanti scoperte dal 1953 (anno della scoperta del Masso di Borno 1), anche se le stele sono state ritrovate in modo del tutto casuale e fuori dal loro contesto archeologico (una è stata addirittura recuperata da una discarica di materiali edili). L’iconografia delle prime 6 stele di Borno è stata documentata e pubblicata dal CCSP, per poi essere ripresa e approfondita nel 1994, in occasione della mostra “Le pietre degli Dei”. Le indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza archeologica nel 2009-2010 hanno evidenziato come il sito, che doveva avere un impianto unitario simile a Pat Asinino e Anvoia, sia stato interessato da frane e frequenti esondazioni del vicino torrente. Dal 2013, questa piccola area archeologica è stata allestita come esposizione all’aperto ed eccezionale collezione di statue stele di età del Rame.
Orari: Aperto da aprile a ottobre (verificando prima le previsioni meteo) nelle ore diurne. Sentiero sconsigliato in caso di ghiaccio e neve.
Ingresso gratuito
Accesso: nonostante il sito cada nel territorio del comune di Piancogno, l’accesso più comodo è dal comune di Ossimo inferiore. Attraversato il borgo si imbocca la strada che conduce al santuario della SS. Annunciata, per la vista alle “vigne” si può partire dall’agriturismo La Sognata.
Tempo di visita: un’ora circa
Questo percorso valorizza una decina di pannelli istoriati distribuiti in una fascia collinare abbastanza impervia, compresa fra i 600 e gli 800 metri s.l.m., fra la località Annunciata e le frazioni di Piamborno e Cogno. Note e documentate a partire dagli anni ’90, queste incisioni si distinguono nel panorama dell’arte rupestre della Valcamonica sia per la tecnica di esecuzione (quasi esclusivamente il graffito e il polissoir) che per la natura dei soggetti, ascrivibili alla fine dell’età del Ferro (fra II e I secolo a. C.) e alla fase detta della romanizzazione (I e II secolo d.C.).
Informazioni:
Tel: Comune di Sellero 0364 637009; email: info@comune.sellero.bs.it; siti web: www.comune.sellero.bs.it, www.vallecamonicaunesco.it
Orari: Aperto tutto l’anno (verificando prima le previsioni meteo) nelle ore diurne. Sentiero sconsigliato in caso di ghiaccio e neve.
Ingresso gratuito
Accesso: dal centro storico di Sellero, consigliamo di parcheggiare la macchina nei pressi del Cimitero, via Desiderio. La zona con arte rupestre di Carpene si può raggiungere solo a piedi, percorrendo una ripida strada agro-silvo-pastorale interdetta ai mezzi non autorizzati.
Tempo di visita: 1 ora per le sole rocce istoriate; il sentiero di accesso è di 1,5 km per 150 metri di dislivello (circa 30 minuti a piedi)
Il Parco Comunale Archeologico e Minerario di Sellero racchiude ben quattro diversi siti d’arte rupestre (Carpene, Isù, Barnil e Berco) e l’area mineraria di Carona. Il Parco offre numerosi sentieri che collegano le diverse località rupestri, ma solamente la località Carpene è infrastrutturata per la visita turistica.
L’area è caratterizzata dall’affioramento di scisto venato di quarziti, una roccia metamorfica dura, rugosa e difficile da incidere, che compromette in parte la leggibilità delle incisioni. Consigliamo la visita nel periodo tardo autunnale o invernale (neve permettendo), o all’inizio della primavera, quando il sole basso sull’orizzonte genera il fenomeno della luce radente. Nonostante le difficoltà insite nel supporto litico, l’arte rupestre di Carpene offre temi iconografici del tutto particolari, con un excursus cronologico che va dal Neolitico all’età moderna (con uno iato nell’età del Rame e nell’Antica età del Bronzo). Il percorso di visita parte dal bel centro storico di Sellero, quindi imbocca il sentiero che conduce, fra tratti pianeggianti e qualche ripida salita, all’area di Carpéne (occorrono 30-40 minuti). Lungo il percorso la direzione è indicata frequentemente con apposita segnaletica; la fatica della salita sarà ampiamente ripagata dalla visita alla r. 2-3.
È la Roccia Grande di Carpene: un’imponente massa rocciosa fortemente modellata dall’azione del ghiacciaio, che sui suoi 1100 mq di superficie offre ben oltre 700 raffigurazioni incise. La sua istoriazione ha inizio nel tardo IV – inizio III millennio a.C. con una grande composizione geometrica (rettangoli, cerchi e linee), interpretata negli anni ’60 da Emmanuel Anati come “idolo femminile” e oggi riletta come “composizione topografica”.
Nella media e tarda età del Ferro (VI-I sec. a.C.) la superficie torna a suscitare l’interesse degli incisori in un modo del tutto particolare. Notiamo infatti numerosi soggetti interessanti da “gigantismo” dimensionale: una monumentale figura umana con ascia e cestello (?), nota come “il Viandante”, interpretata come possibile raffigurazione del dio celtico Esus (III-I sec. a.C.); un grande guerriero armato di spada a lama curva e scudo concavo, circondato da armati più piccoli; una rosa camuna a svastica geometricamente perfetta.
Informazioni:
Tel: 0364 75030; email: info@comune.sonico.bs.it; sito web: www.turismovallecamonica.it
Orari: Aperto tutto l’anno, nelle ore diurne con ingresso gratuito (verificando prima le previsioni meteo). Sentiero sconsigliato in caso di ghiaccio e neve.
Accesso: parcheggiando nei pressi municipio di Sonico, imboccare via della Monega e seguire le indicazioni in loco
Tempo di visita: 1 ora e mezza circa
L’arte rupestre è ubicata quasi a ridosso dell’abitato moderno, su un dosso roccioso all’interno del Parco dell’Adamello che domina buona parte dell’Alta Valcamonica.
Anche qui la leggibilità delle incisioni è complicata dal tipo di supporto, uno scisto ruvido e più difficile da incidere rispetto alle arenarie della Media Valle. Fra le aree rupestri camune, Sonico si distingue per la sua gamma estremamente limitata di soggetti: figure geometriche (cerchi di varie tipologie, coppelle, linee, ecc.) e le cosiddette palette, accompagnate solo da poche figure umane non armate e animali a fare da corollario.
Informazioni:
Tel: 0364/630305; email: info@comune.berzo-demo.bs.it
Orari: Sempre aperto
Accesso Principale: dalla località Curva delle Bore, sito di partenza e arrivo del sentiero ad anello di approfondimento delle rocce incise presenti nell’area: inserita nel “Percorso della Memoria”, un itinerario escursionistico che parte dalla strada statale presso l’area di sosta di Bettolino-Lorengo e risale il versante fino al Poggio della Croce o Doss de l’Ora, nei pressi di Loa.
Il Percorso pluritematico di Berzo Demo-Loa, nel Parco dell’Adamello, si snoda lungo una strada militare del 1915-18 e attraversa un’area che presenta, oltre alle rocce incise, numerose strutture e testimonianze della Prima Guerra Mondiale e zone a valenza ambientale.
L’area istoriata di Loa (località Curva delle Bore e Poggio della Croce) si trova a circa 1200 m s.l.m., su una cresta che domina l’abitato di Berzo Demo e che offre un singolare punto di osservazione sulla Media e Alta Valcamonica e sulle vallate laterali (Val Saviore e Val di Paisco). La zona è situata in un’area ricca di evidenze archeologiche indagate estensivamente, tra cui il sito di Cevo – Dos Curù, un villaggio minerario di alta quota dell’età del Ferro.
A oggi sono state individuate a Loa quattro superfici istoriate, con raffigurazioni collocate all’avanzata età del Ferro. Le Rocce 1 e 2 si caratterizzano per la quasi esclusiva tecnica di esecuzione a polissoir e graffito, per la inusuale ricchezza di iscrizioni in caratteri preromani e di cuspidi di lancia, nonché per un eccezionale gruppo graffito di guerrieri armati di elmi, scudi e lance e, infine, per la presenza di una raffigurazione di “costruzione” affiancata da due strutture minori. Al notevole complesso si aggiungono altri soggetti, alcuni dei quali sottilmente graffiti, fra cui almeno tre punte di lancia eseguite a linea di contorno, una figura di fodero di coltello tipo Introbio, alcuni cerchi “a compasso” e poche figure antropomorfe realizzate a picchiettatura, di cui due in atteggiamento di duello/scontro.
Il luogo è inoltre oggetto di tradizioni e superstizioni legate alla frequentazione di streghe e diavoli. Poco distante dalla R. 2 è presente un grande masso erratico, sul quale si trova un incavo naturale riconosciuto come “Pe’ del Diaol”, che sembra in particolare il fulcro attorno al quale ruota il folklore locale. Più recentemente sono state individuate la Roccia 3 (restaurata perché in precario stato di conservazione al momento del ritrovamento) e la Roccia 4, caratterizzate anch’esse dalla notevole presenza di iscrizioni preromane, da pochi altri segni graffiti e da antropomorfi picchiettati.